5 dic 2008

La parola ai giurati

Sono andata a teatro a vedere questo spettacolo:







LA PAROLA AI GIURATI
(Dodici uomini arrabbiati) di Reginald Rose Regia Alessandro GassmanCon Alessandro Gassman Traduzione di Giovanni Lombardo Radice Scene Gianluca Amodio Costumi Helga H. Williams Musiche Pivio & Aldo De Scalzi Light designer Marco Palmieri Sound designer Hubert Westkemper Con Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Giancarlo Ratti, Fabio Bussotti, Paolo Fosso, Nanni Candelari, Emanuele Salce, Massimo Lello, Emanuele Maria Basso, Giacomo Rosselli, Giulio Federico Janni in coproduzione con Società per AttoriNota di regia. L’interesse per il lavoro di regia è stato per me un naturale approdo, dopo più di venti anni di teatro militante in qualità di attore. Man mano che le mie sicurezze interpretative andavano consolidandosi, sentivo emergere e gradualmente rafforzarsi il desiderio di affrontare un progetto interamente mio. Ero dunque pronto ad affrontare un percorso all’interno di motivazioni più profonde e personali che avrebbero potuto toccare il cuore ed i sentimenti del pubblico; quel pubblico che fino ad oggi mi ha seguito e mi ha regalato teatri esauriti e il calore del suo affetto. Dopo due stagioni di successi con la mia prima regia, con la quale ho affrontato un autore ed un testo estremamente complessi quali sono Bernhard e la sua “Forza dell’abitudine”, ho inteso proseguire la mia ricerca affrontando un testo socialmente coinvolgente e profondamente ideologico, nonostante il suo impianto realistico, come è “La parola ai giurati” di Reginald Rose. Così come Bernhard mi aveva ispirato uno spettacolo ricco di aperture oniriche di grottesca comicità, Rose mi permette invece di entrare nelle varie e sfaccettate tipologie umane e caratteriali colte in una situazione claustrofobica nella quale emergono gli aspetti comportamentali più contaddittori. Ne “La parola ai giurati”, l’impianto drammaturgico si basa sullo svolgimento di un dramma giudiziario. Ma ciò che mi ha ispirato fin dalla prima lettura è la possibilità di portare alla luce i pregiudizi e le false certezze che caratterizzano il comportamento dei giurati e che affiorano nel momento in cui devono assolvere il compito più difficile per un uomo: quello di decidere della vita di un altro uomo. La vicenda è incentrata su due capisaldi del sistema giuridico anglosassone: la presunzione di innocenza e la dimostrabilità della sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. In un’epoca in cui il mondo è afflitto da ideologie contrastanti che si nutrono di assolutismo e che spesso scadono a pregiudizi, il “ragionevole dubbio” è una preziosa arma di difesa. Alessandro Gassman.


Trama: New York. 1950. È il 15 agosto e una giuria popolare composta da dodici uomini di diversa estrazione sociale, età e origini sono chiusi in camera di consiglio per decidere del destino di un ragazzo ispano-americano accusato di parricidio. Devono raggiungere l’unanimità per mandarlo a morte e tutti sembrano convinti della sua colpevolezza. Tutti ad eccezione di uno che con meticolosità e intelligenza costringe gli altri giurati a ricostruire nel dettaglio i passaggi salienti del processo e, grazie a una serie di brillanti deduzioni, ne incrina le certezze, insinuando in loro il principio secondo il quale una condanna deve implicare la certezza del crimine al di là di ogni ragionevole dubbio. Fra violenti contrasti, dubbi, ripensamenti ed estenuanti discussioni, l’unanimità sarà raggiunta e l’imputato verrà dichiarato non colpevole. ( dal sito Teatro Stabile)


Sono rimasta a bocca aperta... quasi tre ore che sono volate, catturata da una piece che ha il ritmo di un film! Gli attori bravissimi, la regia egregia... il teatro alla fine veniva giù per gli applausi... Io adoro la prosa, ma capita raramente di vedere qualcosa che lasci il segno, le messe in scena sono spesso ovvie, o peggio di maniera, leziose e gli attori se la recitano addosso; quale favolosa sorpresa nello scoprire la bravuta di un figlio d'arte come Alessandro Gassman sia come attore (misurato, centrato nel personaggio, che non mette in ombra gli altri) che come regista. Siamo usciti dal teatro con quel senso di pienezza e soddisfazione che è la magia del teatro ben fatto e ben recitato... altro che televisione!

2 commenti:

ReginaDelNord ha detto...

Giulio Federico Janni è un mio amico romano conosciuto su internet qualche anno fa. Non sono riuscita ad andare a vederlo quando lo spettacolo è approdato a Pavia e dalla tua soddisfazione mi viene ancora più rammarico :(
Credo che nella foto (vista la corporatura XD) sia il ragazzo sulla sinistra che fuma la sigaretta seduto. Ora mi deve dire se passa per caso ancora dalle mie parti, ci vado di sicuro!

Ah, mannaggia, mi presento, no? Sono Marzia e ho appena aperto un mio blog su blogspot dopo due anni su splinder... stavo curiosando i tuoi lavori... e continuerò a farlo ;-)
Alla prossima, Marzia

barbara ha detto...

scusa leggo solo ora il tuo post. Lo spettacolo merita davvero e gli attori sono tutti bravissimi!